Che il proibizionismo sulle droghe abbia totalmente fallito è noto da moltissimi anni. Per non ricordare solo il buon Pannella e i radicali, faccio modestamente osservare che io stesso, dirigendo Frigidaire, sono stato processato varie volte negli ultimi trenta anni per aver sostenuto legalizzazione e liberalizzazione (una volta addirittura per “incitamento alla coltivazione di marijuana”). Infine, appena un anno fa, abbiamo pubblicato su Frigidaire n.236 la traduzione integrale del documento della Commissione ONU che sollecita tutti i governi ad abbandonare il proibizionismo. La legalizzazione, secondo l’ONU, è urgentissima non solo per stroncare l’immenso mercato nero che moltiplica i capitali mafiosi, ma per contrastare la diffusione delle droghe stesse, che il proibizionismo ha fatto crescere a dismisura. Ma cosa conta l’ONU? Niente. Invece oggi, lettrici e lettori cari, è un gran giorno. Perché di queste ovvietà si sono accorti anche due “grossi calibri” come Roberto Saviano e Umberto Veronesi. E questo fa agitare come rane percorse da corrente elettrica i commedianti dell’informazione. Infatti se a dire certe cose sono i vituperati Pannella o gli irriducibili Sparagna o i commissari ONU… chissenefrega! Ma se a ripeterle sono i Saviano e i Veronesi è un’altra musica! Comunque, anche se questo conformismo neotelevisivo fa un po’ senso, la presa di posizione delle due celebrità è un’ottima notizia. Perché l’importante è che si arrivi presto a una svolta radicale, legislativa e culturale. Basti dire che un terzo dei detenuti italiani (tutto il mostruoso di più delle nostre carceri) sta in galera per reati connessi alle droghe e che i processi per questioni di droga sono molte centinaia di migliaia. I ministri tecnici, i legalitari alla Di Pietro, i duellanti democratici Bersani e Renzi e le tante sinistre all’alba o al tramonto si diamo una smossa! Li vogliamo togliere ‘sti miliardi alla mafia o no? Potremo mai farci una canna di erba coltivata sul balcone invece che comprata dalla mafie ? Le chiacchiere stanno a zero, i consumatori abituali in Italia sono circa sei milioni, in Europa almeno sessanta: è arrivato il momento di piantarla!
(Editoriale pubblicato anche sul settimanale “Gli Altri” il 9 luglio 2012)
Riprendo e condivido integralmente questo articolo di Vincenzo Sparagna.
Oggi un orecchio dilatato suscita impressioni contrastanti.
Sembra un marchio indelebile, un segnale inequivocabile, di ribellione, di libertà, di allergia alle regole implicite, di insofferenza ai benpensanti, coloro che si fermano all’apparenza e sono pronti a giudicare.
Ci vuole un po’ di coraggio per essere così. Bisogna sentirsi forti. Sicuri nella propria identità.
Bisogna voler sfidare il conformismo imperante pronto sempre a condannarti prima di conoscerti.
Era così anche nel ’76.
Bastava il capello lungo per essere nel mirino.
Era un segnale di riconoscimento: ribelle, anticonformista, probabilmente drogato, insofferente alle regole.
Mia foto nella Patente - 1976
Eppure oggi io, ribelle di un tempo, allergico alle convenzioni e ai pregiudizi, faccio fatica ad accettare un orecchio dilatato.
Sarà un segno di vecchiaia? Di adeguamento ad una società superficiale, dove l’immagine esteriore condiziona il pensiero dei luoghi comuni?
O sarà soltanto una malinconia per un senso di libertà e di ribellione che sembra soltanto una ricchezza personale, lontana nel tempo.
O la coscienza che quella lontana illusione di libertà sia ormai sfumata, per quanto camminare a testa alta sia sempre e comunque un orgoglio, con accanto il proprio ideale di libertà.
Un libertà che è intesa in fondo come anarchia, ma con un profondo rispetto dei diritti di ognuno, prima di tutti quello di apparire come ci pare.
Sarà sicuramente eccezionale! Con tutte le pessime previsioni che ha addosso mostrerà senza dubbio le qualità di un anno fuori dal comune. Un anno di transizione con cambiamenti imprevedibili, al di là delle previsioni più funeste!
Mio Papà mi diceva sempre: “se Dio vuole” per rammentare che la nostra volontà è sempre importante, ma in certi casi nulla è nelle nostre mani.
Buon Anno a tutti
“Grazie per avermi scritto ieri, credetemi, ho letto ogni singola mail. Non posso rispondere a tutti per due motivi: primo, troppe mail, oltre 200 finora. Secondo, come sapete, non rispondo più alle mail dei lettori, che devono imparare a darsi risposte, a darsi ordini d’azione, a combattere da soli.”
Ma come fa uno che si comporta così a pretendere di essere CREDIBILE?
Domanda di riserva: perché il Burundi non è il paese più ricco del mondo?
Come mai queste domande?
In realtà le domande sono per il fan di Barnard Alessandro, che tanto lo sostiene, mentre il nostro Paolo non si scomoderà così tanto da rispondere, considerando che io, ovviamente sono molto più cretino di sua Nonna …
Però Alessandro non hai risposto alla mia domanda: che differenza c’è tra Dio e la banca giapponese?
In effetti il problema non è stampare le banconote, ma rispettare il valore che queste banconote hanno come potere di acquisto QUI e ORA. Per esempio 1000 euro non mi servirebbero a nulla nel 1820 come con ogni probabilità non serviranno a nulla nel 2400.
Altrimenti, se l’unica cosa importante è la capacità di uno Stato di battere moneta propria, mi spieghi come mai il Burundi, che ha come moneta il franco del Burundi (1 euro = 1.701,55 BIF ), non è un paese straricco?
“A Bujumbura, il coprifuoco è imposto da mezzanotte alle 5 del mattino. Tuttavia, fin dalle 20:00, bisogna fare attenzione in tutti i quartieri della capitale. All’interno del paese, vi sconsigliamo di circolare sull’intero territorio. Per gli spostamenti professionali inevitabili, le norme di sicurezza devono essere rigorosamente rispettate ed è necessario informarsi sulla situazione presso le autorità locali.”
Ne deduco che il potere di acquisto di una moneta è dato dalla ricchezza dello Stato che la emette e dalla fiducia di chi la usa: essa deve poter trasformarsi in beni o in servizi.
Perciò noi ci fidiamo delle capacità di ripresa dei Giapponesi e ci fidiamo della loro moneta e della loro capacità produttiva, mentre delle risorse del Burundi ce ne facciamo ben poco.
Nello stesso modo, se andiamo avanti così, distruggendo i nostri patrimoni invece che valorizzandoli, piano piano nessuno si fiderà più dell’Italia, e non c’è Lira o Euro che tenga!
Ho studiato un pochino, compatibilmente al mio poco tempo disponibile, nel modo più banale, su Wikipedia.
Lo scoppio della Prima guerra mondiale portò ben presto alla svalutazione della moneta cartacea, addirittura rovinosa per il marco tedesco: il finanziamento delle spese belliche era avvenuto infatti attraverso l’emissione di moneta cartacea.
Nelle economie rinascimentali chi dispone di metallo prezioso (oro o argento) può portarlo alla zecca, gestita da chi esercita il potere politico, perché diventi moneta. La zecca trattiene parte delle monete coniate per coprire le spese di coniazione e come signoraggio.
Il signoraggio e le spese di coniazione impediscono che il valore nominale delle monete coincida con il valore intrinseco, che dipende dalla quantità di metallo prezioso (spesso l’oro) in esse contenuto; questo serve anche a proteggere la moneta dal pericolo d’essere usata come metallo e non come valuta.
L’impiego di monete metalliche in oro o argento consente di regolare facilmente gli scambi internazionali perché i metalli preziosi sono accettati ovunque. Chi riceve in pagamento la moneta di un paese straniero può usarla anche nel proprio, se è accettato l’uso della moneta straniera, oppure fondendo il metallo prezioso e usandolo per coniare monete accettate nel proprio paese.
(…)
La moneta è infatti un mezzo di scambio che serve a regolare gli scambi. Più grande è il prodotto interno lordo di un paese, più numerosi sono gli scambi e maggiore è la quantità di moneta necessaria a regolarli.
(…)
l’inflazione è correlata non solo alla quantità di moneta emessa, ma al rapporto di questa con la ricchezza reale prodotta, che non è misurabile in termini di riserve in oro o metalli preziosi, ma di presenza di beni e servizi. La quantità di metallo prezioso estraibile non è correlata alla ricchezza prodotta, né un Paese è ricco perché possiede molte riserve, o necessariamente è obbligato a tenerne in proporzione alla sua crescita economica. L’assenza di un obbligo di riserva, per evitare abusi nell’emissione di moneta, è compensata da un sistema di governance che affida la coniazione ad autorità indipendenti, che hanno il compito di regolarla in modo da evitare l’inflazione.
(…)
La circolazione della moneta e quindi il riconoscimento del suo valore nominale dipendono solo ed esclusivamente dalla fiducia che chi riceve in pagamento una certa quantità di denaro ha di poter cedere a sua volta tale denaro ad altri soggetti in cambio di altri beni e servizi. Questo “meccanismo fiduciario” garantisce che il valore nominale sia anche il valore reale della moneta. In sintesi, le monete cartacee oggi usate (totalmente svincolate dalle quantità di metalli preziosi) hanno valore in quanto mezzo di pagamento stabile riconosciuto nell’economia di un certo paese:
la stabilità è garantita dal controllo sull’emissione da parte delle banche centrali (la crescita dell’offerta di moneta deve essere infatti in linea con la crescita dell’economia, altrimenti eventuali eccessi si riproducono nel lungo periodo come inflazione);
il riconoscimento come mezzo di pagamento è garantito dalla legge;
infine il potere d’acquisto stabile e giuridicamente riconosciuto della moneta è rilevante solo in quanto può essere rivolto a beni e a prodotti finanziari desiderati, che sono prodotti e offerti dal paese in cui circola quella moneta.
In pratica, nessuno di noi accetterebbe un “pezzo di carta” in cambio di un bene, se quel pezzo di carta non ci consentisse di acquistare altri beni, se esso perdesse il suo valore nell’intervallo di tempo in cui lo deteniamo prima di scambiarlo con un altro bene, se esso attribuisse un potere d’acquisto puramente formale in un’economia di fatto improduttiva e inesistente.
Il denaro a corso legale è quel denaro non coperto da riserve di altri materiali. Al denaro viene dato un valore grazie al fatto che esiste un’autorità (ad esempio un governo) che agisce come se ne avesse. Se un’organizzazione abbastanza grande emette, usa ed accetta qualcosa come pagamento per fatture o tasse, automaticamente quel qualcosa acquisisce valore, dato che è riconosciuto come mezzo di scambio.
Gli Stati Uniti passarono definitivamente al denaro a corso legale nel 1971
Alla luce di queste considerazioni, non voglio assolutamente negare che siano in corso speculazioni di tutti i tipi sulle nostre esistenze, né che esistono persone che se ne fottono se milioni di persone perdono il lavoro in Italia o in Grecia, ma rendiamoci conto che ognuno di noi è anche responsabile della miseria del Burundi, dell’esistenza del coprifuoco in quel Paese e di condizioni di vita penose nonostante la possibilità di quello Stato di emettere moneta.
Noi consideriamo il mondo come se l’unica realtà esistente fosse il nostro mondo occidentale, mentre tutto il resto è considerato soltanto come un inutile fardello, o peggio, una miniera dove estrarre ricchezze a basso costo.
“Te l’ho già detto tempo fa: le famiglie non possono coltivare i soldi nell’orto; lo Stato sì, se li inventa dal nulla.”
Quando io leggo una frase del genere, mi sembra di leggere una idiozia colossale, perché farò parte della grande massa di idioti che crede alle barzellette dei Grandi Poteri Occulti, però esiste un principio che in natura credo sia accettabile:
NULLA SI CREA E NULLA SI DISTRUGGE.
Allora il discorso di Barnard, che fa leva sulla frase precedente, crolla in un nanosecondo.
O sbaglio?
Non voglio avventurarmi a discutere di economia, voglio solo raccontare un pezzettino di vita vissuta.
Conoscevo un’azienda nella bergamasca che produceva filati, prodotti per l’industria manifatturiera.
Macchinari costosi, operai, produzione.
A un certo punto il suo prodotto è diventato inutile, a causa delle offerte arrivate dalla Cina.
Tutta la fabbrica non ha più alcun valore, i macchinari sono obsoleti, e tutto diventa una grande perdita.
Attenzione ad andare perdute sono gli oggetti, le macchine, i materiali, le strutture e il lavoro di chi contribuiva alla produzione.
La perdita di denaro è soltanto il SIMBOLO di una perdita REALE.
Si capisce? Detto questo, bravo Barnard, facci sognare !!!
Ma oggi Barnard sarà ancora più contento del grande statista che sta guidando coraggiosamente la nostra barchetta Italia nella tempesta internazionale, bocciando l’Euro …
Attenzione: non voglio dire che non ci sia nessuna speculazione sulla pelle della gente, però credo che semplificare e banalizzare tutto con questa favoletta sia un’assurdità.
Su invito di Alessandro ho cominciato a leggere le spiegazioni alla Nonna …
Capisco meno della Nonna di Barnard, che ci volete fare ? Ognuno ha i suoi limiti …
“e del resto da quel figlio ha preso le distanze ormai da anni: è dal 1995, ha detto, di non avere contatti con lui, dal giorno del 16esimo compleanno del ragazzo. A troncare i contatti è stato proprio Anders: «Non abbiamo mai vissuto insieme – ha precisato Jens Breivik -, abbiamo avuto solo qualche contatto quando era bambino.”
Queste sono le dichiarazioni del padre di Anders Breivik, l’uomo che in Norvegia ha sterminato una settantina di ragazzi indifesi.
Non sono riuscito ad avere molte notizie della biografia di questo ragazzotto la cui lucida follia ha causato tante vittime.
La madre e la matrigna (ex seconda moglie del marito) si sono nascoste per evitare le domande dei giornalisti.
Sappiamo poco, ma sappiamo per certo che la relazione con il padre era interrotta dall’adolescenza di Anders.
Il padre ha la GIUSTIFICAZIONE pronta: non sento di essere suo padre (!!!)
Eppure è suo padre.
Essere padri richiede un certo impegno. Se lo è mai chiesto il Sig. Jens Breivik ?
Perché poi è possibile che un figlio, pur di farsi notare da suo padre, uccida tanti ragazzi, suoi ex coetanei che magari hanno una gioventù serena, con il sostegno delle loro famiglie, che li mandano fiduciose al campeggio laburista.
Per quanti anni la mente di Anders Breivik ha covato odio e rancore per un padre reale ma assente?
Avrebbe potuto raggiungerlo, chiedergli aiuto? Forse sì. Però, bisogna notare che anche il padre non pensa che avrebbe dovuto rivolgersi a lui prima di agire con la tremenda violenza che tutti conosciamo, ma che avrebbe dovuto suicidarsi piuttosto che uccidere tante persone.
E dice semplicemente che adesso non lo vuole mai più rivedere.
Evidentemente anche quest’uomo fugge dalla realtà e preferisce cancellarla piuttosto che confrontarsi con essa.
Ho letto di complotti contro la Norvegia ed altre ipotesi più o meno fantasiose. Non so, non credo. Ma tutto è possibile in questo mondo ormai incomprensibile. Resta il fatto che a compiere queste azioni è stato un uomo. Manovrato e istigato? Chissà?
Ma è lui che ha guardato in faccia quei ragazzi e ha premuto il grilletto.
La sua storia si interseca tra leggende di Dracula e la Transilvania e lotta contro l’avanzata dell’impero Ottomano.
Anch’egli fu consegnato dal padre Dracul come ostaggio al sultano nel 1444 all’età di 13 anni. Non penso che il giovanissimo Vlad abbia potuto capire e apprezzare il gesto del padre …
Un’altra separazione dal padre nel corso dell’adolescenza che innesta una spirale di violenza inaudita.
Fu educato dai turchi all’arte della guerra e, in mezzo alle storie rocambolesche del 1400, diventò infine Principe di Valacchia.
Riporto un passaggio di Wikipedia per comprendere la brutalità di quest’uomo:
“Dracula apprese questa forma di supplizio (l’impalamento) dai turchi, adattandola poi alle sue più specifiche richieste: creò metodi diversi per impalare i ladri, i guerrieri nemici, gli ambasciatori del Sultano, i traditori ecc.
I ricchi venivano impalati stendendoli più in alto degli altri o facendo ricoprire l’asta d’argento.
Per i mercanti fece incidere delle tacche sull’asta, al fine di aumentare il tempo dell’agonia.
Nella città di Sibiu, nel 1460 Vlad Ţepeş fece impalare 10.000 persone, e cosparse alcuni corpi con miele per attirare ogni tipo di insetto.
Le donne macchiatesi di tradimento nei confronti del marito venivano impalate davanti alla loro casa.
Nel 1459, durante il giorno di san Bartolomeo, a Braşov, Dracula fece invitare a palazzo alcuni mercanti che avevano mostrato odio e disprezzo nei confronti della sua persona. Decise di farli saziare di cibo e, quindi, fece sventrare il primo e obbligò il secondo a mangiare ciò che il collega, ormai senza vita, aveva nello stomaco. L’ultimo mercante venne fatto bollire e la sua carne fu data in pasto ai cani.
Nel 1461 due ambasciatori del Sultano turco Mehmed arrivarono nel palazzo, poiché quella era l’occasione per Vlad III di fare la pace con il sultano Mehmed che era il suo nemico più potente e il cui impero musulmano poteva distruggere la Valacchia senza il minimo sforzo. Quando si prostrarono ai piedi di Vlad III chinarono la testa in segno di rispetto, ma non si vollero togliere il turbante perché rappresentava il simbolo della loro religione. Ma quel gesto fu fatale, perché era un segno di disprezzo per Dracula, che irritato da quel gesto, ordinò di inchiodare il turbante alla testa degli ambasciatori.
Lo stesso Dracula amava assistere all’agonia dei suppliziati, tanto da prendere l’abitudine di banchettare in mezzo alle forche su cui erano gli impalati.
Sempre nel corso di queste ricerche ho trovato un sito dedicato ai serial killer, dove troviamo calendari di serial killer e storie di moltissime persone che hanno commesso numerose atrocità. A giudicare dalla sola esistenza del sito non sono poi rarissimi i cultori dell’omicidio e neanche i malati di mente…
Insomma, per farla breve, possiamo osservare come una grave carenza nel rapporto con il genitore omologo può condurre ad una totale anestesia del sentimento (altrimenti non si spiega la freddezza nell’uccidere e nell’osservare le sofferenze altrui nella più totale indifferenza) e, nelle situazioni peggiori al verificarsi di tremendi delitti.
Detto questo possiamo pertanto anche affermare che queste persone sono certamente colpevoli di orrendi delitti, ma anche vittime della loro malattia, una malattia che purtroppo ha gravissime conseguenze su numerosi innocenti che non hanno alcuna possibilità di scampo.
Ma veniamo adesso al nostro termine di paragone: Silvio Berlusconi.
La grande personalità di Luigi Berlusconi ha inciso profondamente nella vita del fondatore della Fininvest. Per Silvio è stato un genitore, un consigliere, un amico. E fino all’ultimo giorno è stato al suo fianco.
Padre severo, ma affettuoso e poi amico e consigliere, Luigi Berlusconi è una presenza centrale nella vita di Silvio …”
E anche quando Silvio dedica la vittoria del suo Milan al padre leggiamo Silvio che ricorda quando andava con il papà allo stadio (PAG.19):
“E finalmente, la mano nella mano, eccoci là all’entrata dello stadio, l’Arena o San Siro, e io a farmi piccolo piccolo per profittare di un solo biglietto in due”
In questo passaggio vediamo che Silvio, mano nella mano con il papà, confessa ingenuamente di avere appreso da lui l’arte della furbizia. Quel “farsi piccolo piccolo” che gli permette di non pagare il biglietto.
Possiamo chiederci oggi quanti biglietti non ha pagato e non vuole pagare il nostro “buon” Silvio facendosi piccolo piccolo?
E tra questi conti che Silvio non vuole pagare, ci sono morti altrettanto inutili? Morti per incuria? Morti per distrazione? Morti di cui i responsabili vengono coperti? Morti che hanno procurato denaro a chi poi si è dedicato a ricostruire le vite distrutte? Morti che nessuno può imputare al nostro Silvio, di cui neanche lui si sente colpevole.
Stefano Cucchi, per esempio. Quando morì il suo ministro La Russa dichiarò: ” di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione”.
E Berlusconi dov’era? Si faceva piccolo piccolo e non pagava il biglietto.
Quante storie possiamo raccontare dove abbiamo avuto morti anonime, ma Silvio mai nessuna responsabilità, nessuna complicità, niente, mai niente di niente. Ne esce sempre immacolato.
Ma allora dove sta la differenza?
Andres Breivik è una vittima malata che ha ucciso perché non ha trovato altra soluzione alla sua follia.
Silvio Berlusconi ha avuto una relazione forte con suo padre, a quanto afferma lui stesso, e pertanto ha una forte personalità e potrebbe anche scegliere di non uccidere, di non essere complice, di non coprire i misfatti e le morti inutili del nostro paese, ma non lo fa.
Lui si fa piccolo piccolo, ha imparato così a farla franca. Silvio ha la libertà di scelta e sceglie male. Ha tutte le sue responsabilità, ma riesce sempre a nasconderle grazie al suo potere.
Breivik fa tanta rabbia e tanta pena, e comunque si trova in galera. Egli ha ucciso senza pietà, accecato da un delirio.
Berlusconi fa tanta rabbia, ma a me non fa alcuna pena. Fa soltanto orrore.
Egli uccide senza mostrare a nessuno la propria responsabilità, probabilmente neanche a se stesso.
Infatti nessuno lo accusa, a parte qualche parente di povera gente uccisa “dal Fato”.
Cambierà davvero qualcosa? Io credo che qualcosa è già cambiato, nella coscienza di tutti.
Qualcosa che, in fin dei conti, è soltanto appena cominciato!
Abbiamo tutti meno voglia di lasciarci prendere in giro.
Poi forse è vero, i grandi giochi, forse quelli non cambieranno mai.
Ma mi accontenterei della possibilità di far circolare nuove idee, di usare la fantasia invece che rinchiudersi nel grigiore di quotidianità ripetitive e noiose.
E’ come un salto fuori dalla depressione. Dobbiamo stare attenti all’euforia. Alla fase maniacale.
Altrimenti rischiamo di farci rinchiudere …
Per adesso restiamo un poco ebbri … e godiamocela un po’.
Anche se, a pensarci bene, è una ebbrezza un po’ idiota.