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Buon Natale !

Lasciamo perdere

le polemiche,

le ipocrisie,

le vendette,

i piccoli commenti acidi,

le prediche antipatiche che nessuno ascolterà,

la presunzione di conoscere la differenza tra il bene e il male,

la voglia di sottomettere il prossimo, di mostrare una superiorità intellettuale, non diversa dalla prepotenza fisica.

Troviamo ancora il gusto per una carezza, per un bacio, per un sorriso.

E’ soltanto Natale!

e domani passerà …

Auguri a tutti coloro che sono passati da queste pagine,  per uno sguardo o per un commento!

Buon Natale!

Foto di Furman S. Baldwin, 1947 – Bruwell’s collection

Idee per la Liberazione. Un fiore.

papavero - Sabine Meyer

Papavero – Foto di Sabine Meyer

Un fiore per la Liberazione.

Liberi di guardarci negli occhi

Liberi di non nascondersi

Liberi di non vergognarsi

Liberi di toccarsi

Liberi di conoscersi

Sperando di non dovere mai più essere clandestini, rendersi anonimi, invisibili.

Sperando che la paranoia e la paura possano diventare soltanto un lontano ricordo.

Lettera aperta al Ministro Brunetta – Associazione per il Software Libero

xerox

Ricevo una segnalazione da Dario Lesca che pubblico  e sottoscrivo volentieri:

Associazione per il Software Libero

On.le Ministro Renato Brunetta,

Abbiamo letto le Sue lettere pubblicate sul giornale «Gli Altri» il 14 ed il
19 novembre.

Nella prima [1], Lei difende la validità della scelta operata sottoscrivendo insieme al Ministro Gelmini il Protocollo di Intesa con Microsoft S.r.l. per la realizzazione di azioni a supporto dell’innovazione digitale nelle scuole [2] argomentando che quest’ultima si sarebbe impegnata a sostenere gratuitamente il Piano del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ed il Piano eGov2012 per la scuola del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione. Nella seconda [3] Lei dà atto dell’importanza e del valore positivo del Software Libero ma conferma la validità della scelta argomentando che Microsoft S.r.l. avrebbe promesso di donare alla Pubblica Amministrazione non solo licenze software ma anche computer.

In realtà, leggendo il Protocollo, non ci pare si possano cogliere promesse così “radicali” da parte di Microsoft, una multinazionale che, forte della propria posizione dominante sul mercato, è scrupolosamente attenta ai propri interessi economici, tanto da fatturare dalla propria filiale irlandese (per ragioni di convenienza fiscale) tutte le vendite di licenze realizzate nel nostro Paese [4].

E’ vero che l’accordo non prevede oneri finanziari espliciti per la Pubblica Amministrazione, che pure si impegna a collaborare nella ricerca di clienti (istituzioni scolastiche, personale docente e studenti) per i prodotti Microsoft, ma è anche vero che i giovani (e con loro gli insegnanti, e le famiglie) formati oggi dalla scuola, saranno in futuro cittadini e lavoratori capaci di utilizzare solo i software che ora ricevono “gratis” o “a prezzo di favore”: clienti e consumatori che troveranno più difficile scegliere soluzioni alternative.

Molti commercianti forniscono campioni gratuiti per incentivare successivi acquisti. Crediamo che la Pubblica Amministrazione non debba farsi blandire così facilmente: il regalo di oggi si trasforma in un debito che nel futuro salderanno le imprese, i cittadini ed il Paese.

Condividendo il Suo proposito di realizzare importanti risparmi per il sistema scolastico e per la Pubblica Amministrazione, ci impegniamo a mettere a Sua disposizione licenze software per tutti i docenti e gli studenti italiani: sistema operativo, suite di produttività e molti altri software liberi sono a Sua completa disposizione in via definitiva e gratuita.

Sappiamo che questo potrebbe già esserLe sufficiente per considerare con favore la nostra proposta, ma non basta. Ci sono infatti molte altre ragioni che portano a consigliare di adottare Software Libero nel sistema scolastico. Crediamo innanzi tutto che la Scuola Pubblica debba formare cittadini, non consumatori. Che essa abbia oggi il compito di diffondere la cultura digitale, non quello di promuovere l’utilizzo di specifici prodotti.

La diffusione della cultura digitale passa attraverso la promozione di strumenti e tecnologie liberi: solo in questo modo si attuano i principi ed i valori della nostra Costituzione nella società dell’informazione e della conoscenza. Con il Software Libero si diffonde la condivisione della conoscenza, si rendono concreti valori quali la collaborazione e la libertà di espressione. Si contribuisce ad abbattere il divario digitale. Promuovendo nelle scuole il Software Libero si realizza davvero il bene comune: si favorisce lo sviluppo di imprese nazionali che forniscono servizi ad esso connessi e si riduce la spesa in acquisti di licenze di software proprietario dall’estero, con benefici alla bilancia dei pagamenti ed al sistema fiscale del nostro Paese.

Per sostenere queste ragioni, l’Associazione per il Software Libero aveva già presentato una domanda di intervento nel procedimento amministrativo del quale fa parte il Protocollo di Intesa sottoscritto da Lei e dal Ministro Gelmini con Microsoft S.r.l., chiedendo anche l’integrazione del Protocollo stesso per favorire la diffusione del Software Libero nel sistema scolastico e per il bene del Paese [5].

Siamo certi che, prestando alle istanze di cui sopra la dovuta attenzione, saprà fugare i sospetti di quanti vogliono vedere nelle Sue attenzioni alle offerte di Microsoft S.r.l. una “sudditanza psicologica” che certamente stride con l’immagine che di Lei danno le Sue attività negli altri settori e pertanto, vorrà aderire alla richiesta delle scriventi associazioni di sottoscrivere un Protocollo d’intesa con il quale il Suo Ministero si impegni a promuovere il Software Libero nella Scuola ed in tutta la Pubblica Amministrazione.

Con ogni osservanza,

Agorà Digitale – Luca Nicotra – http://www.agoradigitale.org

Apriti Software – Marco Marongiu – www.apritisoftware.it

Associazione Govonis – Costantino Pessano – http://www.govonis.org

Associazione per il Software Libero – Marco Ciurcina – http://www.softwarelibero.it

Baslug – Savino Sasso – http://www.baslug.org

Condividi la Conoscenza – Fiorello Cortiana – http://www.condividilaconoscenza.org

Faber libertatis – Mirko Romanato – http://www.faberlibertatis.org

Fanolug – Filippo Carletti – www.fanolug.org

FLOSSMarche – Matteo Vitali – http://flossmarche.netsons.org

Free Hardware Foundation – Arturo Di Corinto – http://fhf.it

FSUGitalia – Alexjan Carraturo – http://www.fsugitalia.org

FSUG Padova – Andrea Brugiolo – http://www.fsugpadova.org

GFOSS.it – Paolo Cavallini – http://www.gfoss.it

Gruppo Linux Como – Francesco Brisa – http://www.gl-como.it

GNU/Linux users group Torino (GLugTo) – Massimo Tarditi – www.glugto.org

Hacklab Cosenza – Vincenzo Bruno – http://hacklab.cosenzainrete.it

Italian Linux Society – Michele Dalla Silvestra – http://www.linux.it

Lugge – Andrea De Gaetano – http://www.lugge.net

Partito Pirata – Athos Gualazzi – http://www.partito-pirata.it

Panharmonikon – Puopolo Giuseppe – http://www.panharmonikon.com

PDP FSUG – Luca Ferroni – http://pdp.linux.it

Progetto Linux User Group Sassari (PLUGS) – Mauro Piga – http://www.plugs.it

Scambio Etico – Luigi Di Liberto – www.scambioetico.org

UnaRete – Flavia Marzano – http://www.unarete.eu

Wikimedia Italia – Frieda Brioschi – http://www.wikimedia.it

Aggiornamento

Aderiscono anche:

Amici di Beppe Grillo di Roma – Marco Giustini – http://www.grilliromani.it

Artisopensource – Salvatore Iaconesi – http://www.artisopensource.net

Associazione Il Secolo Della Rete – Giovanna Sissa – http://www.ilsecolodellarete.it

Associazione Liber Liber – Marco Calvo – http://www.liberliber.it

Associazione Linux Club Italia – Roberto Tupone – http://www.linuxclub.it

Associazione Net-Left – Sergio Bellucci – http://netleft.ning.com

Associazione Valsusinux – Silvano Sartore – http://www.valsusinux.it

Beatpick.com – Davide d’Atri – http://www.beatpick.com

Binario Etico – Davide Lamanna – www.binarioetico.org

Collettivo iQuindici – Francesco Valotto – http://www.iquindici.org

Community Nephogram – NetLabel CChttp://www.nephogram.net

ERLUG (Emilia Romagna Linux Users Group) – Davide Alberani – http://erlug.linux.it

Flyer Communication – Gianluca Del Gobbo – http://www.flyer.it

FLxER LiveVideo & Free software – Gianluca Del Gobbo – http://www.flxer.net

GroLug Grosseto – Fabrizio Felici – http://www.grolug.org

Gruppo di lavoro italiano di Free Software Foundation Europe – Patrick Ohnewein – http://fsfe.org

Imola & Faenza Linux User Group – Franco Tampieri – http://www.imolug.org

ISOTYPE – Lorenzo De Tomasi – http://isotype.org

Istituto di Istruzione Superiore Statale “E.Majorana” – Antonio Cantaro – http://www.istitutomajorana.it

Istituto per le politiche dell’innovazione – Guido Scorza – http://www.politicheinnovazione.eu

Liberius – Ermanno Pandoli – http://www.frontieredigitali.net/index.php/Liberius

LPM – Live Performers Meeting – Gianluca Del Gobbo – http://www.liveperformersmeeting.net

OpenLabs – Tommaso Ravaglioli – http://www.openlabs.it

Progetto Winston Smith – Marco Calamari – http://pws.winstonsmith.org

REFF/RomaEuropa Fake Factory – Salvatore Iaconesi e Oriana Persico – http://www.romaeuropa.org/REFF

Rete Open Source nella Pubblica Amministrazione – Michele Monti – http://www.rospa.it

ShockArt – Net Art – Gianluca Del Gobbo – http://www.shockart.net

Sputnix – Linux User Group, JUG Sicilia – Vincenzo Virgilio – http://www.sputnix.it

Telematics Freedom Foundation – Giovani Spagnolo – www.telematicsfreedom.org

The house of love and dissent – Marco Delli Santi – http://www.loveanddissent.com

Ticinum Linux User Group – Giovanni Condello – http://pavia.linux.it

Unione degli Studenti (U.d.S.) – Mauro Di Palma – http://www.unionedeglistudenti.it

WAM – Web Art Mouse-um – Gianluca Del Gobbo – http://wam.flyer.it

Note

[1]
http://altronline.it/sites/default/files/09_11_14.pdf
[2]
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/scuola_digitale/protocollo_…
[3]
http://altronline.it/sites/default/files/2009_11_19_0.pdf
[4]
http://softwarelibero.it/riflessione-politiche-innovazione-ict
http://softwarelibero.it/files/Le_role_Etat_monopoles_informatique.pdf
[5]
http://www.softwarelibero.it/software_libero_scuola

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COMUNITÀ OPEN SOURCE: LA DIMOSTRAZIONE CHE UNA SOCIETÀ MIGLIORE È POSSIBILE

Piceno abbandonato: fantasia di recupero di una ricchezza lasciata nel degrado.

Ogni tanto vado a passeggio nel Piceno, a volte a piedi e a volte in moto. Non è difficile, mi basta uscire di casa … Vivo qui da cinque anni e sempre quando vado in giro incontro ruderi che attirano la mia attenzione.

Poi mi fermo e se riesco, mi faccio largo tra la vegetazione che divora selvaggiamente i muri,  entro e trovo vecchie stalle con mangiatoia e ragnatele,

un vecchio muro con una vecchia porta scardinata

la porta di un pollaio smangiata dai tarli e dall’erosione del tempo

geometrie che profumano di antico

o scale assediate dai rovi che portano al forno sospeso nel nulla

poi trovo ancora la scopa di una vecchia strega

o la catena arrugginita sulle venature del legno

Catena sulle venature del legno

infine mi allontano, raccogliendo un frutto da un albero generoso

Esistono qui centinaia di casolari, in condizioni più o meno precarie. Un patrimonio antico, in stato di abbandono, quasi sempre in località sperdute, isolate, tranquille, immerse in una natura ancora incontaminata.

Penso quante possibilità ci sarebbero di recuperare queste ricchezze. Certo, è più facile buttarle giù! Costruire un bel palazzo moderno. Poi immagino la Toscana, o l’Umbria che hanno raccolto da queste architetture enormi ricchezze, recuperando vecchi materiali e ricostruendo le atmosfere originali.

Chissà? Magari si potrebbe progettare un recupero di tanta ricchezza. Un progetto che trovi magari i fondi della CEE, quelli a fondo perduto, che magari hanno fatto la fortuna di qualche speculatore.

Invece potrebbero essere utilizzati da una comunità terapeutica che rende abitabile una parte del casolare e poi, piano piano, ricostruisce tutto … o da una scuola edile, che impara da un vecchio mastro stili di lavoro destinati a scomparire.

Oppure si potrebbero occupare per fare musica, arte, cultura …

Idee, sogni, fantasie destinati a restare tali.

O no?

Con dolore partorirai figli: il caso di Simona !

S. segnala e volentieri pubblico:

basta

Abortire un figlio forse sano o tenerlo con la probabilità di lasciarlo sopravvivere in stato vegetativo. Questa la scelta che la legge italiana impone a molte mamme.
Simona Galiero, giovane dentista di Sant’Anastasia in provincia di Napoli, si trova davanti a questo bivio.

Il 6 Agosto scorso – alla 20esima settimana – durante l’ecografia strutturale di routine è stata riscontrata un’anomalia del feto.

“Ventricolomegalia borderline e la consapevolezza che si potrà riscontrare al 100% la persistenza della patologia solo alla 27esima settimana. Sai cosa significa? C’è la possibilità che mia figlia nasca con gravissimi problemi, tanto gravi da renderla un vegetale, e qui in Italia devo abortire prima di averne  l’assoluta certezza!”

La 22esima settimana è infatti il termine ultimo per poter praticare l’aborto terapeutico (salvo non si verifichi un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna).
Un paradosso infinito che impone ad una madre già provata psicologicamente per la notizia subita, una prospettiva di sofferenza ancor più grande, l’esposizione forzata ad una scelta disumana, la solitudine più assoluta.
E non è tutto. La tecnica abortiva in questi casi consta nell’induzione al travaglio per espellere il feto. Un vero e proprio parto con tanto di classiche contrazioni, la possibilità di subire ore o perfino giorni di travaglio, nessun farmaco anestetico. Senza contare che nel caso il bimbo nasca vivo i medici sono obbligati a soccorrerlo, tenendolo agonizzante anche per giorni, in attesa che la sua morte avvenga in modo naturale.

“È Un calvario, una vera è propria tortura. Non solo dobbiamo morire di dolore per la scelta che facciamo, costrette per le condizioni disperate di salute del nascituro, ma anche per la modalità in cui tutto ciò si svolge. Siamo carne da macello.”

L’essere incinta di una bambina destinata a soffrire, la responsabilità di dover decidere per lei, la mancata terapia del dolore atta ad attenuare almeno la sofferenza fisica, il subire violenza psicologica da parte di chi dovrebbe trattarti con doppia sensibilità, il dolore del distacco dal figlio tanto atteso, l’aberrante situazione di subire un aborto gestito da medici obiettori.
Sofferenza che si aggiunge a sofferenza, un vortice di dolore causato anche dal taglia e cuci e dai rattoppi frettolosi con cui la 194 (legge sull’aborto) è stata trattata negli ultimo 20 anni.
E pensare che nei paesi in cui i diritti della persona sono veramente garantiti si può di interrompere la gravidanza nei tempi che occorrono e per di più non si è costretti a sottoporsi a torture atroci: la praticata standard è quella dell’aborto intrauterino.
È per questo che molte donne decidono di infischiarsene della legge italiana e di rivolgersi all’estero con tutti i problemi che ciò comporta (scelta della struttura, problemi con la lingua, l’assistenza medica e psicologica, i costi, etc).

E chi non può permetterselo? Torniamo sempre lì.

Abortire un figlio forse sano o tenerlo con la probabilità di lasciarlo sopravvivere in stato vegetativo. Questa la scelta che la legge italiana impone a molte mamme.
Simona, brillante dentista di Sant’Anastasia (NA), si trova sola con il suo problema.

Sola per colpa di una legge che non si cura minimamente di una mamma che ha un disperato bisogno di aiuto.

Sola per colpa di carnefici che in nome di una morale superiore si divertono a giocare sul suo corpo e sulla sua vita.

Viae (pseudonomio di una giornalista di DiamoUnaMano)

(diffondi questo articolo su blog, forum, giornali online… che si sappia qual’è la situazione in Italia… Simona Galiero la trovi su facebook)

Tratto da:

DiamoUnaMano

dove troverai l’articolo completo con l’intervista a Simona …


Politica e statistiche: ricchi e poveri.

Traggo queste informazioni da un articolo che semplifica la visione dell’Italia:

Se l’Italia fosse un villaggio di cento persone

Leggo, tra l’altro:

“i 10 paesani più ricchi incamerano (soltanto loro!) il 26,4% del totale dei redditi, ovvero tanto quanto i 50 più poveri. E sempre i 10 più ricchi posseggono addirittura il 45% della ricchezza netta del Villaggio Italia. I più poveri, solo il 2,6%. Le persone considerate in stato di «povertà assoluta» sono 4. 13 hanno un «basso reddito» (meno di 7.900 euro l’anno).”

Una riflessione banale: ci vuole molto ad avere un programma politico per il quale queste ricchezze vanno RIDISTRIBUITE più equamente?

Vi sembra accettabile che accanto a che crepa quasi di fame ci sia gente che guadagni 3, 4,  5, 10, 20 milioni di euro all’anno? o 100 magari?

Dobbiamo affrontare una crisi? Bene! Per 3 anni proibiamo guadagni che vadano oltre una certa cifra, diciamo 150.000 euro all’anno.  Ce n’è abbastanza per vivere alla grande, no?

Certo magari il riccone non potrà cambiare la barca,  ma quelli che non riescono ad arrivare a fine mese potrebbero avere benefici non da poco.

In fondo la ricchezza è quasi sempre una differenza che arriva alla nascita. Se hai fortuna di nascere in una ricca famiglia …

La gente vota poco, perché poi le differenze nelle loro tasche sono poche! Ma se qualcuno comincia a dire: meno ricchezza e meno povertà!

Un messaggio semplice semplice!

Alziamo gli stipendi bassi e abbassiamo gli stipendi alti!!!

E’ semplice!

Siccome la maggioranza ha stipendi bassi, come mostrano le statistiche, la maggioranza voterà chi vuole migliorare le condizioni di vita della MAGGIORANZA.

Certo, la minoranza,  grazie ai suoi soldi, si opporrà in tutti i modi. Ma se la maggioranza riuscirà a far arrivare il suo SEMPLICE messaggio, dimostrando anche che è possibile, la vittoria è certa.

Al di là delle ideologie!

Non sono un economista, non sono in grado di considerare i contraccolpi di una politica del genere, l’aumento dell’evasione fiscale, e di tutti i sotterfugi per evitare una drastica riduzione delle ricchezze di qualcuno, ma possibile che la politica sia solo quella di mantenere privilegi incredibili e tacitare chi, in povertà, non ha alcun potere?

O no?

🙂

Vai a leggere e scaricare La Ragnatela del Grillo

COMUNITÀ OPEN SOURCE: LA DIMOSTRAZIONE CHE UNA SOCIETÀ MIGLIORE È POSSIBILE

Sarà paradossale, ma una società pressoché orizzontale e con prospettive di miglioramento esiste. Comunità di persone che condividono saperi e necessità, bisogni e soluzioni per il bene della collettività.
Non sono piccole tribù sperdute in chissà quale luogo ameno. Sono ovunque sparse per il mondo e collaborano tra loro. Crescono in modo esponenziale a livello numerico e sono lungi dallo sparire o dall’essere corrotte (non sono paradisi per carità, ma sicuramente sono migliori della società civile).
Sono le comunità Open Source.



Prima di affrontare l’argomento in sé, è il caso di introdurre il concetto di Open Source. Col termine Open Source si intende un software rilasciato con una licenza che permette all’utente la possibilità di accesso al codice sorgente (da cui il termine Open Source, in italiano codice sorgente aperto).

In generale, con tale modalità di distribuzione del software, non solo si ha la possibilità di fruire il codice sorgente alla base del programma stesso, ma si ha anche la libertà di modificarlo, copiarlo e distribuirlo.

Peculiarità fondamentale di questo tipo di software, soprattutto se distribuito con licenza GPL, la garanzia di quattro essenziali libertà:

  • libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo;

  • libertà di studiare il codice sorgente e adattarlo alle proprie necessità;

  • libertà di produrre e ridistribuire copie;

  • libertà di migliorare il programma e diffondere pubblicamente i miglioramenti, in modo tale da permettere a tutta la comunità di trarne beneficio.

Quindi piena possibilità da parte dell’utente di eseguire, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software.

Concetti fondamentali per la garanzia di queste caratteristiche sono condivisione e legalità (il software libero, incentivando la condivisione delle conoscenze, previene l’illegalità evitando a monte il rischio pirateria).

Le comunità Open Source invece, sono l’insieme delle persone che utilizzano, testano, collaborano allo sviluppo e diffondono il software Open Source.

La loro espansione e sopravvivenza è stata possibile solo grazie al web. La collaborazione sempre crescente di appassionati, sviluppatori e beta-tester (coloro che si prestano a testare l’effettivo funzionamento di pacchetti e applicativi vari) ha permesso il potenziamento di questo tipo di software arrivando al punto di contrastare e superare abbondantemente a livello di prestazioni le grandi industrie Microsoft e Apple, garantendo la diffusione su larga scala di un prodotto sempre più sicuro, completo, professionale e di semplice utilizzo.

A partire da un piccolo gruppo di persone, si sono quindi create grandi e piccole comunità internazionali e nazionali di sviluppo e condivisione dei saperi (con tanto di forum in cui chiedere aiuto e divulgare soluzioni. Incredibile ma vero, ci sono migliaia e migliaia di persone disposte a sviluppare a titolo gratuito per il semplice gusto di risolvere un problema che si presenta anche ad un singolo utente). Una compartecipazione, questa, che ha per fine la libertà di espressione e di condivisione di mezzi, beni, necessità e utili. La ricerca quindi di un “bene” pubblico che porta benefici anche al singolo.

Sì è costituita quindi una rete di condivisione in cui ogni piccolo gruppo rappresenta un nodo produttivo.

Questo è un tipo di società che valorizza il merito. Ognuno è libero di dare il suo contributo in base alle proprie capacità e competenze culturali, ognuno sceglie il ruolo più consono a sé stesso. Chi ha maggiori conoscenze contribuisce alla crescita conoscitiva della restante parte della comunità nella speranza che sempre più persone possano collaborare al progetto in modo trasparente (condivisione del sapere per accrescere i benefici all’interno della società ).

La voluta neutralità del movimento per il software libero verso gli aspetti etici e politici è la sua caratteristica sostanziale. Il concetto di software libero discende infatti da quello di libertà di scambio di idee e di informazioni.

Negli ambienti scientifici, quest’ultimo principio è tenuto in alta considerazione per la fecondità che ha dimostrato; ad esso infatti è generalmente attribuita molta parte dell’eccezionale ed imprevedibile crescita del sapere negli ultimi tre secoli.
La libertà di scambio di idee non è tuttavia una questione puramente pratica: essa è anche alla base di concetti quali la libertà di pensiero e di espressione. Analogamente alle idee, il software è immateriale, e può essere riprodotto e trasmesso facilmente. In modo simile a quanto avviene per le idee, parte essenziale del processo che sostiene la crescita e l’evoluzione del software è la sua libera diffusione. Ed ogni giorno di più, come le idee, il software permea il tessuto sociale e lo influenza, produce effetti etici, economici, politici e in un senso più generale culturali.

Grazie anche alla suddetta disponibilità da parte degli utenti alla risoluzione dei problemi altrui, queste comunità sono in netta espansione. Se ne può trovare conferma analizzando gli studi di mercato dei due principali progetti di software Open Source: Openoffice (alternativa all’Office di casa Microsoft) e Mozilla Firefox (Browser alternativo a Internet Explorer).

Sintomo del successo che sta riscuotendo l’utilizzo di questo tipo di software, l’attenzione crescente delle maggiori marche di produzione hardware che si stanno interessando alla diffusione di driver e di hardware completo di sistemi operativi e applicativi Open Source montati direttamente dalla casa madre.

Ad oggi, il software Open Source è ampiamente diffuso in ambito accademico, industriale e fra gli appassionati di computer, soprattutto grazie ai sistemi operativi GNU/Linux (basti pensare al Cern, alla Banca d’Italia o al fatto che il 75% dei server su cui si poggia il web utilizzano una delle distribuzioni GNU/Linux).

Il permettere a tutti di contribuire ai progetti garantisce velocità nella scoperta e nella conseguente soluzione di eventuali bug (errori): chiunque può localizzare un problema e segnalarlo. Avete mai provato a segnalare un problema alla Microsoft o alla Apple o al comune di residenza o al proprio gestore telefonico? Nel caso dell’Open Source non ci sono passaggi burocratici, non c’è gerarchia, la soluzione è a portata di mano proprio perché ognuno è importante e contribuisce nel suo piccolo.

Anteponendo gli interessi della comunità a quelli del singolo sarà proprio quest’ultimo a trarne il maggiore beneficio: ogni utente lavora col minimo sforzo per la moltitudine che lo ripagherà con lo stesso metodo (l’apporto altrui è sicuramente maggiore a ciò che ognuno può produrre, e non si tratta di semplice somma algebrica, ma di opportunità).

I risultati sono tanti e importanti. Chi si è dedicato a questo progetto non ha sprecato tempo, anzi è riuscito a trarne profitti. È proprio l’utile che dà il preciso riferimento del successo di questa condivisione. L’utile di tutti e non di pochi. C’è chi risparmia sulla licenza (nel caso dell’Open Source è gratuita, pensate a quanto possa costare comprare sistemi operativi e software vario ad una società piccola o grande che sia, ma anche ad un singolo cittadino), chi guadagna facendo consulenza sistemistica e tecnica nelle società, chi proponendo corsi di livello avanzato, chi producendo applicativi specifici, chi sulle personalizzazioni del prodotto per scopi commerciali etc.

In una società massimalista e individualista come quella moderna queste realtà vivono e si riproducono. Non sono un’utopia.

Società migliori sono quindi possibili e le comunità Open Source ne sono un esempio lampante.

Perché qualcosa di analogo non deve essere realizzabile in altri settori della società civile?

Le difficoltà ci sono e ci sono state anche in quegli ambiti, è infatti normale che per arrivare ad un cambiamento si debbano affrontare molteplici ostacoli.

Credete che sia stato semplice per i capostipiti dell’Open Source partire con un progetto boicottato dalle grandi lobby dell’informatica?

Credete sia stato semplice cercare la collaborazione altrui?

Prendete ad esempio il progetto GNU/Linux. Le prime distribuzioni erano complicate e proibitive per gli utenti casalinghi. Erano prive di interfaccia grafica, vi erano mille problemi di compatibilità con l’hardware, erano “difficili” da fruire. Grazie alla collaborazione e alla condivisione di risorse ora chiunque può utilizzarli, chiunque può verificarne la semplicità di funzionamento, chiunque può verificarne la sicurezza (l’antivirus non serve, la possibilità di prendere virus è veramente remota e anche se si verificasse questa eventualità la comunità risolverebbe in pochissimo tempo senza rischio di pandemie), chiunque può verificarne la convenienza (il software è gratuito), chiunque può testarne la funzionalità.

Credete sia semplice gestire i pregiudizi a priori?

Credete sia semplice andare avanti e sviluppare con la consapevolezza di dover combattere con i poteri forti delle lobby dell’informatica?

Ancora oggi infatti il software Open Source, seppur in rapida ascesa, trova molte difficoltà di diffusione all’interno delle istituzioni. Stati come quello italiano assegnano appalti per l’informatizzazione degli enti pubblici direttamente alla Microsoft o alla Apple senza tenere in considerazione i rivali Open Source (GNU/Linux in primis che garantirebbe un rapporto qualità/prezzo migliore). I centri di potere sono difficili da scalfire, ma un passo alla volta queste comunità stanno prendendo piede e stanno attirando a se grosse fasce di mercato.

Tutto questo è stato possibile solamente grazie alla condivisione in funzione del bene della collettività.

Per affrontare qualsivoglia progetto bisogna passare attraverso gradi di difficoltà che si manifestano sempre e costantemente, ma che diventano pian piano sempre più tollerabili.

Il web è stato importantissimo per la realizzazione di questo progetto di società sostenibile. Ma è stato solo uno dei contesti.

Si è partiti dalla virtualità, trattandosi di informatica, per poi passare ad iniziative reali di condivisione quali i LUG (Linux User Group), i Linux Day, gli Open Day, le Install Fest, i corsi gratuiti di alfabetizzazione informatica e le varie iniziative e manifestazioni che sono servite come mezzo sia per la divulgazione della “filosofia” Open Source, sia per il raggiungimento dei risultati.

Bisogna tenere presente che se il web, seguito naturalmente dal lavoro all’esterno, è stato fondamentale e necessario per lo sviluppo e la proliferazione dell’Open Source, per quel che riguarda la società civile è e deve essere esattamente il contrario.

Internet deve essere necessariamente un mezzo attraverso il quale informare, divulgare e far conoscere, ma se prima non si comincerà a lavorare nella realtà di tutti i giorni non ci sarà mai nulla da proporre.

L’importanza di creare una rete sociale formata da tanti piccoli gruppi/nodo è fondamentale ed è l’ostacolo più grande da affrontare, il filo rosso attraverso il quale passa il cambiamento, la condicio sine qua non.

Il web è funzionale allo sviluppo informatico, la vita di tutti i giorni è funzionale al cambiamento della società.

Oggi invece molte iniziative della società civile non trapassano dal virtuale al reale. Internet e la rete, che aiutano a collegare varie parti del mondo tra loro con estrema velocità, sono un mezzo potentissimo e utilissimo, ma non possono e non devono sostituirsi alle interazioni sociali fondamento del vivere quotidiano. È verificato quanto il virtuale tenda ad addormentare questi progetti di cambiamento sociale relegandoli all’essere sempre e solo placebo inconsistenti senza farli mai diventare veramente produttivi.

Internet e la rete sono un mezzo non la soluzione.

Le comunità Open Source sono l’esempio lampante che una soluzione per una società migliore basata sulla condivisone di saperi e necessità, bisogni e soluzioni, utili e benefici, è possibile.

F.
S.
S.

Pavidi schiavi o complici benestanti ? Commentando Paolo Barnard …

Da tempo seguo le vicende di Paolo Barnard. Da un anno circa. Sto imparando a conoscerlo attraverso ciò che scrive.

Prima di tutto sembra che Paolo ogni qual tempo decide di abbandonare tutto e tutti, di non scrivere più nulla e di sparire completamente dalla scena mediatica.

Già nel Maggio 2007 Paolo scriveva queste parole in una lettera dal titolo ADIEU ALTERMONDIALISTES:

“Io non sono più della partita, come ci sono entrato in questo mondo di pulizia fasulla e di fasulli pulitori ne esco. Ho scritto, filmato, detto, scongiurato, lottato, litigato.
Ora la mia strada va da altre parti, le mie parti.
A voi la vostra, qualunque essa sia. ”

Poi pochi giorni fa appare sul suo sito un breve articolo dal titolo CONCLUSIONE:

“Per gli eventuali lettori di questo sito.

Il sito rimane online per consultazione dei miei lavori e delle mie proposte. Io non vi scrivo più altro.

Hanno vinto gli arroganti e i falsari, ha vinto e vincerà sempre più la stupidità di chi li segue. Non poteva che essere così in questo Paese di arroganti e falsi leader, e di adoranti e servili seguaci. Qui l’agire per cambiare è un’arte sconosciuta, e quei pochi che lo fanno saltano sul carro del ‘personaggio’ più emozionante del momento, si agitano per un po’, e poi lo abbandonano per saltare su quello successivo. E così all’infinito, ma così si fa nulla.

Per chi è giovane e sincero: andate via da qui, andate dove ancora le persone sanno agire, dove ancora le idee vincono ogni tanto. Negli Stati Uniti se possibile, fidatevi. Ma anche altrove. Non qui.

Grazie a tutti per il passato e per il futuro.”

In questa occasione gli scrissi la seguente mail:

“Anch’io ho avuto 1000 volte la voglia di scrivere qualcosa del genere …
Poi mi sono detto: mai dire mai
e allora, anche se abbandonato, mi lascio sempre uno spiraglio aperto …
Ma ognuno fa come meglio crede!
Buona fortuna e grazie a te per i tuoi contributi, anche se mettere la parola FINE fa un po’ di depressione.
Ciao”

Nessuna risposta da parte di Paolo.

Passa qualche tempo e Paolo esce sul suo sito con un appello che, ahimè devo usare un termine che purtroppo concorda con Travaglio, un po’ delirante,  ma diciamo semplicemente provocatorio, dove egli lancia un appello a giovani e belle fanciulle per un felice accoppiamento con lui magari accompagnato da qualche chiacchiera e un po’ di stordimento da alcoolici oda altre sostanze !!! ( AAA CERCANSI )

Questa uscita provoca qualche reazione di incredulità e di disappunto anche su questo blog …

Adesso Paolo, dopo aver pubblicato il commento di un suo lettore che comprende il suo dis-armo, dopo aver lanciato su You Tube una bella risposta a Marco Travaglio, che lo accusa di delirare

con tanto di sfida ad un pubblico confronto

scrive ancora sul suo sito un articolo dal titolo PAVIDI dove, tra l’altro,  afferma:

(…)

Berlusconi? E dov’è il problema?

La Camorra? E dov’è il problema?

Le guerre imperiali? E dov’è il problema?

La fame nel mondo? E dov’è il problema?

Sono tutte espressioni dei Sistemi di Potere, brutali, corrotti, avidi. E dov’è il problema?

I Sistemi di Potere, brutali, corrotti, avidi sono la cosa più comune della Storia dell’umanità, nulla di nuovo, ci sono sempre stati (…)

Ma i popoli si sono organizzati, e li hanno sempre uno a uno spazzati via. Lo hanno fatto quando non c’era la Tv, non c’era Internet, non c’erano le democrazie. Lo hanno fatto quando rischiavano la tortura, lo sterminio, la sparizione nelle fosse comuni, e quando non esisteva una giustizia di alcun tipo a tutelarli. Ma lo hanno sempre saputo fare.

Il dramma del nostro tempo è che non siamo più capaci di farlo. Tutto qui. Pensateci.

Il dramma non è l’esistenza di Berlusconi o di Putin, del Fondo Monetario o di Wall Street. Il dramma non è che ci manca l’informazione, non è infatti che non sappiamo quanto brutali, corrotti, avidi essi siano.

Il dramma è che non sappiamo più spazzarli via. E siamo i primi nella Storia a essere così pavidi.

Potreste pensionare ogni vostro ‘paladino’ dall’Antisistema per 200 anni, senza perderci assolutamente nulla. Perché il dramma siete voi, noi, tutti noi e la nostra pavidità.”

Io credo che il problema sia semplice semplice. I popoli hanno sempre abbattuto le tirannie spinti dalla disperazione. Adesso la disperazione, qui da noi almeno, non c’è. Sono poche le persone che hanno il problema di sopravvivere.  Le nostre miserie sono costituite da “sacrifici” per cambiare la macchina, per un telefonino nuovo o per una vacanza in più. Allora, se non siamo così pressati dalla fame e dalla miseria, perché mai dovremmo rischiare la vita la tortura e la galera per qualche bella idea?

Parlo ogni tanto con qualcuno di cui non conosco le idee politiche e sento dire di Berlusconi che lui, almeno, fa lavorare migliaia di persone … La gente si identifica e pensa che anche loro possono magari partecipare alla grande abbuffata, come a quella della camorra.

Avere una reale coscienza del mondo oggi, per noi occidentali, significa rassegnarci a condizioni di vita più modeste per favorire lo sviluppo del terzo mondo. Ho sentito che 700.000 bambini in Africa quest’anno moriranno a causa della nostra crisi economica occidentale. Ma noi no siamo capaci di rinunciare a un gelatino dei nostri figli per questi bambini, che, dopo aver letto la notizia, sono soltanto un brutto ed enorme numero da dimenticare e seppellire nella nostra coscienza.

Non credo che siamo pavidi, credo che siamo opportunisti. Il nostro bisogno di cambiamento è soltanto tanto bla bla, ma in fondo tutti apprezziamo le comodità della nostra civiltà e nessuno ha tanta voglia di rischiare per qualche bella idea.

Infine Paolo, se vogliamo crescere e sviluppare lentamente qualcosa di migliore, dobbiamo confrontarci, parlare, discutere e ORGANIZZARE.

Tu, quando mandi le mail dove annunci i tuoi articoli, scrivi sempre: “Per favore, se volete fare qualcosa, divulgate, non scrivete a me”

Il tuo sito è chiuso ai commenti!

Non lo trovo produttivo.

Comprendo che non vuoi diventare un nuovo paladino, o anti-paladino, o quello che vuoi. Ma se ci sono spazi dove la gente può confrontarsi e CERCARE di organizzarsi, questi vanno sempre sfruttati al massimo. E il tuo sito potrebbe essere uno di questi spazi.

Invece sembra un luogo pieno di monumenti sacri ed inviolabili, un luogo di meditazione ma non di azione.

Forse un’opportunità persa!

Soltanto forse, perché con il nostro mondo, e con gente come me e come te, ogni certezza è incerta …

O no?

🙂

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Lettera aperta a Paolo Barnard

Scrive Paolo Barnard il 3 Febbraio 2009:

Solo quando l’opinione pubblica occidentale saprà cosa è accaduto in Palestina dal 1897 al 1951, capirà…”

e poi cita Noam Chomsky:

… oggi la gente non tollera più la barbarie, e la Storia ci dimostra che quando la scopre si attiva per porle fine

Paolo consiglia ai suoi lettori il suo video

Palestina: capire il torto‘  (http://it.youtube.com/watch?v=5NBZjjj2Kh4)

e suggerisce: DIVULGATELO!

A casa mia questo significa offrire un’informazione e credere nel suo valore per poter CAMBIARE.

Ok?

Poi oggi, 15 Febbraio 2009, scrive un nuovo articolo:

Infobiotici

Inizia così:

E’ disperante. Siamo tossicodipendenti da informazione. L’urlo che si leva dalle masse degli italiani attiviinfodipendenti è sempre il medesimo: informateci, non mollate, ancora dosi, grazie! La risposta degli abili pusher è di inondare il mercato della sostanza.”

E conclude:

“Posso riproporre qui, a voi tutti, di piantarla di rincorrere le informazioni? Perché quello che non va lo sappiamo alla nausea, lo sapevano già alla nausea i nostri nonni, ce n’era abbastanza già allora per fare la rivoluzione nelle piazze. Posso riproporre che piuttosto che infodrogarsi dovremmo imparare ad agire? Tutti, non i soliti 0,2%. Cioè pensionare i ‘paladini della controinformazione’ (grazie, siete stati utili, Barnard incluso), e tornare a fare quello che uomini e donne comuni fecero dal ‘700 al ‘900? Cioè cambiare la Storia?

Oppure ditelo: ne siamo incapaci, troppa fatica, meglio l’infobiotico e rimanere inutili. Fatti da parte Barnard, c’è Annozero stasera.”

Scusa Paolo, ma io non ho neanche idea di come cominciare a cambiare la Storia.

Mi sembrava che Internet possa essere uno strumento utile in questo senso, ma mi sto ricredendo. Sembra essere soltanto un’altra droga.

Leggo te e mi dico: bene allora è giusto informare.

Poi leggo dopo due settimane e dico: no allora informare non serve a nulla …

Insomma, alla fin fine di quello che scrivi, cioè ieri A e oggi NON-A, mi resta ben poco da condividere.

Forse soltanto un’unica frase:

è disperante!

O no?

🙂

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P.S. In realtà condivido molto di più, però poi mi rendo conto che anche l’informazione oggi non si può fare se non produce ricchezza, profitto, denaro. Come non si può cambiare la Storia se non si accede alle risorse economiche … E allora? Andiamo tutti a rubare? Iniziamo a giocare a Robin Hood?

Bah!

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